Hanno detto di lei
Dimitri Salonia, fondatore della Scuola Coloristica Siciliana
C’è nella pittura di Lidia Monachino il piacere e il disagio del calore che appaga e distrugge il disegno e il profilo delle cose, gli effimeri oggetti dell’incanto, in uno spazio e un tempo svuotati dalla furia del vento, ma pieni d’aria, fluidi leggeri. L’immagine, non programmata s’inerpica dalle radici dell’anima, si arrampica, in alto, in voluttuose trasfigurazioni mistiche, eteree, senza masse nè vuoti. E’ la pittura del sublime ambiguo, fragile mistero dell’effimero che non si appaga mai.
Dimitri Salonia
Stefania Persico
L’incontro con l’artista Lidia Monachino è avvenuto sfogliando un catalogo. tra le pagine, infatti, ho notato le sue opere e in particolare la vivacità, l’entusiasmo e la semplicità che si ascolta dalla loto lettura. Qualità che qualche giorno dopo ho constatato parlando con Lidia Monachino, il cui cammino artistico sta nella risorsa della parola, nella sua avventura ed è il cammino steso del gioco della parola.
Il mondo del racconto, la testimonianza dell’artista non sono vincolati al tempo passato, presente, futuro, ma avvengono e divengono nell’infinito della parola, ne il fare e nelle sue opere.
Lungo l’itinerario intellettuale le cose si dispongono per acquisire una luce unica, luce che giova perchè le cose che si fanno si scrivono.
E’ questa la semplicità che si legge sule tele di Lidia Monachino, semplicità che non semplifica, che non può essere normalizzata, ma è indotta da un estremo rigore e si dirige alla qualità.
Lo scorcio di un paesaggio, il mazzo di fiori, il lembo di mare o di cielo fanno parte del processo della memoria fino all’arte e all’invenzione. Ciascuna cosa, i montii, le spiagge, i prati, gli alberi, Lidia Monachino li assume nel’esperienza, nel suo testo e li restituisce nella scrittura, nella pittura.
Con le sue opere l’artista ci racconta l’innaturale, perchè altra è la natura quando la scrittura è scrittura della logica particolare e ciascun elemento partecipa all’artificio della vita.
Lidia Monachino parla, scrive, comunica la sua fabula e senza conformismo, senza naturalismo,giunge all’autentico, al tipo.
Infiniti giochi di sfumature che rilasciano sulla tela effetti di straordinaria sobrietà e leggerezza. le combinazioni dei colori e la loro integrazione attraverso un ironico gioco di contrasto divengono occasioni per costruzioni pragmatiche, impadroneggiabili, che si scrivono e concludono in ciascuna opera.
Sulle tele di Lidia Monachino il disegno non gareggia con il colore, non lo delimita, non è linea tra superfici ma modo dell’invenzione e dell’arte. Superficie che non geometrizza ma sta nella combinazione delle cose e nella combinazione delle pennellate.
Il colore prescinde dall’azzurro, dal rosso, dal verde e da altre coloriture con cui i suoi quadri si scrivono e diviene nel’invenzione condizione della luce. Le opere di lidia Monachino non cessano di sorprenderci e di meravigliarci, lasciandoci nell’interrogazione de nell’ascolto.
Stefania Persico.
Dal senso al Sentimento
Teresa Prestigiacomo, giornalista e critica d’arte
Dal Caos all’ordine:L’arte di Lidia Monachino
“Io credo fermamente in un’arte in cui sia possibile rendere conto delle passion dei sentimenti, quali essi sono nel cuore umano,,,misteriosi e difficili da investigare, così come l’immagine del mondo quale è, profonda oscura”. Questa è la professione di fede all’arte del grande Maestro Renato Guttuso; ad essa mi riconduce la produzione pittorica di Lidia Monachino, certamente con esiti totalmente diversi nello stile del significante e nel significato, rispetto al pittore di Bagheria. l’artista nebrodense offre una visione del mondo, che alle soglie del terzo millennio, si interroga il suo oscuro futuro dell’arte del 2000. Da ciò, consapevole o inconscia che sia la sua partenza, inizia il viaggio della pittrice nell’arte ch, in questo assunto, non può che risultare misteriosa e intrigante. Corposamente materica nella tecnica, l’artista sembra governare i colori pur nei cromatici toubillions che popolano le sue tele, emanano ectoplasmi, producono volute sbavature o filamentosi segni quasi alla Mirò, apparenti cancellature prodotte da una mano infantile, a negare il prodotto creato, ricreandone ulteriori effetti senso percettivi ai primi piani e sfondo.
Cosicché, il bianco si sovrappone al nero al fondo ed altre cromie si depositano quasi stratificandosi sulla tela, in un sottile gioco di seduzione, creando e negando al tempo stesso, evocando le forze del bene e del male. Quasi magma lavico le tele della pittrice messinese, un magma che rappresenta un’umanità tormentata, rappresa e solidificata (sintetizzata nelle macchie di colore) in grumi silenziosi. Sulla naturalezza si fonda il discorso pittorico di Lidia Monachino, su una libertà creativa che, pure in un apparente caos della creazione, trova “sistema” in un comune denominatore: il ritmo musicale della poetica del sentimento…
“Un fatto poetico ed umano..””Un ritornare vergini..” affermava ancora Guttuso: questo è il miracolo di quest’arte che si nutre di immediatezza ma non dimentica il suo rapporto con il mondo, con il paesaggio, con le cose, con la figura umana, anche se le medesime risultano espressione di massima sintesi. Un’arte, soprattutto, che ca dove vi porta il cuore.
Teresa Prestigiacomo
Dimitri Salonia, fondatore della Scuola Coloristica Siciliana
“L’eco lontana di un canto, una voce di banniata, senza risonanza…né glorie, trasmesse attraverso i microfoni rossi degli ombrelloni, che si rincorrono sulle pietre laviche bagnate da riflessi di sole e di pioggia.
Il frastuono e la luce bianca disperdono le ultime foglie cadute da quell’albero abbattuto dal vento della “pulitura”.
E ancora qualche incosciente si ostina a colorare di gioia e di passione quel muro imbiancato da poco dalle spazze degli operatori ecologici.
E gli uccelli cacano sull’asfalto che si copre di fiori, subito estirpati dalle radici, per non crescere mai più, né moltiplicarsi.
C’è nell’aria l’odore del pesce fresco, appena pescato da coraggiosi naviganti, che sfidano ancora le regole della mattanza dettate dall’Unione Europea contro l’ardore del gusto e della bellezza, per una vita senza piacere, né incanto.
Ascolto, come sinfonia, un tintinnio di bimbi che giocano nel cortile di un condominio, e imbracciano persino una bicicletta, in fuga dall’ira dell’amministratore di turno.
C’è tanto amore per il cibo e la libidine dei sensi, colpiti da una raffica di mitra, e si diffonde il sangue di animali scannati, dei pomodori e delle ciliegie, su candidi panni di patate bollite nel sale di mare, come le sarde e le acciughe che risalgono la corrente dello stretto, nella loro inutile lotta contro la sorte e le reti del consumo.
C’è il bisogno antico di mangiare, di dissetarsi alla fonte d’acqua che nutre la terra e scorre sempre, nel fiume della vita, tra sponde irte di spine e…. di cemento.
La solitudine dell’uomo che osserva e comprende, senza partecipare al banchetto, alla comunione del pane, del sale e del vino, che non è succo d’uva, ma solo un’etichetta stampata, senza sapore, né storia.
Mi manca tanto il tuo sorriso rassicurante, massaia carica di spesa, che corri perché i tuoi pulcini ti chiamano e soffrono la fame, beccandosi gioiosi.
Il venditore ti chiama, vantando la sua merce e il suo cetriolo, lungo e duro, appena raccolto nella campagna bruciata dal sole.
Nell’aria c’è la festa degli alberi, che trattengono le foglie, pronte a morire al richiamo del vicino autunno.
Ma perché si comincia a gustare il cibo dopo che è avariato e puzza d’acido e di vermi!
Perché si gusta in pieno la vita e il ramo che ti sostiene solo dopo che la tua caduta si confonde con la terra che ti ha generato.
Quella donna che si fermò per ascoltare il richiamo della banniata, è rimasta impigliata nella rete del benessere e della “pulizia”, senza speranza, né gioia, la lingua sporca di polvere e di pianto.
Come in una favola, nei mercati di Lidia Monachino si intravede ancora il riflesso dei fiori rossi, del bianco odore delle cipolle e dell’aglio, il sedano verde e carnoso, l’odore intenso delle albicocche gialle e sfumate di rosso, l’azzurro lucido e bagnato delle squame di pesce, il sudore di una corsa nei campi, l’acceso fulgore di una macchia di sole, il richiamo delle tette degli ombrelloni che oscillano al vento, sostenuti da alte pertiche di legno, senza rami, né foglie.
Un cantastorie distratto racconta il dolore della baronessa di Carini, la disperazione e il canto di morte del cigno che l’ha pugnalata.
Qualche passante ascolta, si ferma, e sorride.
Il colore e la bellezza dei toni, la lussuria della scuola coloristica siciliana, si sviluppa e si espande in arcobaleni di luce, colmando il vuoto dei buchi neri, implosi nella civiltà mediterranea, quest’angolo di mare racchiuso nelle colonne di Gibilterra, sfidate da Ulisse.
Dimitri Salonia
Prof. Lucio Barbera, critico e giornalista
commentando una delle prime mostre di Lidia Monachino scrive: “Ci sono tutte le incertezze dei primi passi, ma anche la naturale volontà di compierli e quell’innocente stupore di averli compiuti. proprio in questo delicato e sensibile crocevia si innesta oggi la pittura di Lidia Monachino che i suoi primi passi d’artista con questa esordiente mostra compie. C’è in lei la innocente suggestione di chi considera la pittura non come un’attività esterna ma proprio come una proiezione di se stessa, un prolungamento del proprio modo di sentire . Di qui la prima cifra ddi una pittura avvertita in maniera del tutto emotiva, quale specchio di stati d’animo. Si comprende sotto questo aspetto la scelta di un apparente figurazione in chiave di pretesto: essa offre all’artista un rifugio sicuro, il riferimento a ciò che esiste , ma al tempo stesso vien sottoposta ad una forte tensione emotiva che tutto travolge. Da qui i ‘paesaggi’ impossibili della Monachino, dove pur esiste un’immagine riconoscibile, ma su tutto sormonta un colore al massimo liquido, che punta soprattutto sulle evanescenze, sula suggestione per dir tutto atmosferica,
Qualunque paesaggio in pittura è fatto di cose e dell’aria in cui la visione è inserita: La Monachino capovolge esattamente il tema e, partendo da una immagine (spesso è il semplice dialogo monti-mare) chiama protagonista della rappresentazione pittorica unicamente l’atmosfera, una qualcosa di impalpabile e di immateriale che, a ben vedere, non proviene dal “visto con gli occhi”, cioè da ciò che appartiene alla realtà oggettiva, ma piuttosto dal “visto con gli occhi della mente”, da ciò che appartiene appunto, alla propria emotività. E se dunque la figurazione diventa “pretesto”, il testo è dato unicamente dalla combinazione tra la personale soggettività e il colore chiamato a questa difficile traduzione.
C’ è alla base, forse inconsciamente, la grande lezione di Turner, ma più probabilmente c’è la necessità di inventarsi un mondo nuovo che non solo corrisponda a quello del sogno e del desiderio, ma in cui soprattutto sia possibile per la giovane artista trovarsi a suo agio, poter non fingere, essere se stessa. Ed ecco allora che questa pittura diventa una trascrizione autobiografica, una sorta di tracciato emotivo spinto al limite della confessione.
Naturalmente la via scelta dall’artista se da una parte appare obbligata, dall’altra pone non indifferenti problemi di formalizzazione che tanto più si accentuano quanto più la Monachino dalla figurazione si distacca. Ed è in questo ulteriore passaggio che si compie dalla sensazione alla pittura che si notano ancora delle naturali incertezze nel dominare lo spazio della tela, nel distribuire organicamente i pesi pittorici, sicchè il dipinto mostra a volte cedimenti e sbilanciamenti, anche qualche caduta, come appunto capita alle promesse di uomo nel loro incerto muovere i primi passi. Ma che la capacità formalizzante, cioè la disciplina che per essere tale reclama assoluto rigore e una pratica ancora da conquistare, ci sia nella Mnachino, come sempre destinato a sbocciare, lo dimostrano altri due dipinti che in qualche modo si distaccano dagli altri. Mi riferisco a due paesaggi tipicamente siciliani in cui è piuttosto l’immagine che prevale. Qui nel descrivere i fichidindia o la vegetazione mediterranea, la Monachino non solo cambia completamente il registro dei colori, ma ad essei da’ un diverso spessore. Non più il colore liquido ed evanescente dell’aria, ma quello corposo e strutturante delle cose: ed è proprio qui che più appieno si manifesta una capacità di dominio non solo dei sentimenti (questa volta è qui il pretesto) ma soprattutto del far pittura che, senza perdere nulla del proprio stupore, appare più matura.
E questa è già una premessa che si accompagna alla promessa di un impegno avvertito come bisogno, di una sensibilità acuta che è fatta di sogno e di realtà, che cerca nuove immagini. La premessa e le promesse: questo oggi offre la pittura di Lidia Monachino i cui primi passi vanno accolti con attenzione e comprensione. Ora tocca a lei non tradire.
Lucio Barbera
Dimitri Salonia artista fondatore della Scuola Coloristica Siciliana
Le due strade di Lidia Monachino
La pittura della giovane artista, inizialmente ancorata agli schemi della figurazione oleografica, si è di recente dilata in spettri coloristici e immagini sfocate di un certo interesse pittorico, Le figure e gli oggetti sfumano in sapienti paesaggi tonali, avvolti da una nebbia leggera, iridescente, senza tempo né stagione.
Fantasie e Colori
Lidia Monachino sa dare a se stessa ed agli altri impressioni e sensazioni appena accennate, lasciate ancora nel limbo dei sogni. le note dolci e delicate della sua tavolozza si irradiano in armonie incantate, immerse in un mondo di fate e di gnomi dove ancora il gioco puro dell’anima si irradia in corti evanescenti. Così la sua pittura si rivela veicolo di sensazioni estreme ed inappagate, che si esprimono in toni smorzati e leggeri, come il bruco che nell’amplesso della nascita si libera in volo di farfalla.
Dott.ssa Clelia Rol, giornalista
I colori predominanti nelle sue tele, sono il verde, il giallo, l’azzurro, colori riposanti e di speranza. Dopo il buio la luce ! le varie escalation, la portano al di la di reti contorte, di antri spinosi, di tunnel profondi. L’aureola divina l’abbaglia e la pittrice, con profondo spirito di abnegazione, si aggrappa al soprannaturale, vivendo la pace interiore nel mistero della fede.Clelia Rol
Prof Anton Maria Vito Todaro
“Artista impegnata e valida dela nostra tormentata epoca, eccellente voce pittorica del ‘900.
Prof.ssa Maria Teresa Prestigiacomo, giornalista e critica
Corposamente materia nella tecnica l’artista sembra governare i colori pur nei cromatici toubillons che popolano le sue tele, emanano ectoplasmi, producano volute sbavature o filamentosi segni quasi alla Mirò, apparenti cancellature prodotte da una mano infantile, a negare il prodotto creato, ricreandone ulteriori effetti senso percettivi di primi paini e sfondi. Sulla naturalezza si fonda il discorso pittorico di Lidia Monachino, su una libertà creativa che, pur in un apparente caos della creazione, trova “sistema” in un comune denominatore: il ritmo musicale della poetica del sentimento..
Maria Teresa Prestigiacomo